Il pomodoro del piennolo è uno dei tanti prodotti tipici della Campania. Ma qual’è la storia dei pomodorini del piennolo e quali sono le storie legate a questo prodotto presente sulle nostre tavole?
Storia del pomodorino del piennolo
Nativo dell’America Centrale e Sudamerica, il pomodoro coltivato dagli Aztechi che lo chiamavano xitomatl, fa il suo esordio in Europa solo nel 1540. Il prodotto dal colore rosso proveniente da un paese così lontano, approdo nel vecchio continente grazie a Hernán Cortés. In Italia l’ortaggio Pietro Andrea Mattioli ne parla nel suo Medici Senensis Commentarii del 1544, definendolo come mala aurea, tradotto letteralmente in italiano come “pomo d’oro” visto il suo colore giallo oro.
Nel 1572 Costanzo Felici parlò in una lettera a Ulisse Aldrovandi di una varietà di colore rosso gagliardamente. Si tratta del colore dei pomodorini del piennolo che crescono alle pendici del Vesuvio. Questo è il terreno ideale per la coltivazione di questa particolare variante di pomodoro, meglio noti anche come Pomodori del Vesuvio. Coltivazione del pomodorino del piennolo del Vesuvio che avviene solo a trecento metri sopra al livello del mare in una terra, ricca di sali minerali come quella del Parco Nazionale del Vesuvio.
Coltivazione pomodorino del piennolo: ecco dove cresce
Infatti il prodotto è maggiormente coltivato nel territorio dei comuni della provincia di Napoli. Si tratta delle città di Boscoreale, Boscotrecase, Cercola, Ercolano, Massa Di Somma, Ottaviano, Pollena Trocchia, Portici, Sant’Anastasia, San Giorgio a Cremano, San Giuseppe Vesuviano, San Sebastiano al Vesuvio, Somma Vesuviana, Terzigno, Torre Annunziata, Torre del Greco, Trecase ed una parte del comune di Nola.
Caratteristiche del Pomodorino del Piennolo
Il pomodorino del Piennolo si differenzia dalle altre versione di pomodorini per la sua classica forma e non solo. Di un color rosso intenso, con la sua buccia dura e la sua chiusura a forma di punta, il pomodoro vesuviano è particolare per il suo gusto fresco, acre e intenso. È presente infatti un’alta concentrazione di zuccheri, acidi e altri solidi solubili. Questo gli permettono di avere anche una lunga conservazione, con le sue qualità organolettiche che non variano anche con il passare del tempo.
Particolarità rese possibili grazie ai fattori climatici tipici dell’area geografica dove il pomodoro del piennolo viene coltivato. Il materiale piroclastico creatosi dai numerosi eventi eruttivi del Vesuvio hanno reso il terreno fertile e pieno di proprietà tali da conferire tutte queste caratteristiche che lo rendono unico al mondo e davvero difficili da coltivare in altri posti. Ma da dove arriva il termine ‘Piennolo‘? Gli arriva direttamente dalla sua raccolta e crescita. Questo pomodorino vesuviano viene raccolto a grappolo e appeso sui balconi. Da qui il particolare il nome di piennolo (ossia pendolo) o spongillo (per il pizzo che presentano alla loro estremità).
Pomodorino del Piennolo, le leggende dedicato allo spongillo
Secondo una leggenda, la terra del Vesuvio dove crescono i pomodori a piennolo è fertile perché, Lucifero creò Napoli rubando un pezzo di Paradiso. Questo però aveva un terreno arido e fiammeggiante. Alla visione di tutto questo Gesù dispiaciuto iniziò a piangere. Le lacrime cadute sulle pendici del Vesuvio, resero quella terra vulcanica arida e fiammeggiane, in fertile e produttiva. Proprietà che hanno portato un terreno a produrre un prodotto davvero unico nella sua specie. Infatti è stato premiato nel 2009 dall’Unione Europea, con uno speciale marchio: pomodorino del piennolo del Vesuvio DOP.
Altra particolarità e leggenda arriva invece dalla città di Torre del Greco, che è legato al modo di intrecciare il pomodoro. Infatti i pomodori a pendolo sono raccolti, intrecciati e appesi. Secondo questa particolare leggenda, le mogli dei pescatori spesso si occupavano di intrecciare e sistemare le reti che servivano per la pesca dei mariti. Quando questi partivano per andare a pesca, le donne usavano la stessa procedura per le reti, anche per intrecciare i piccoli nodi delle reti del “piennolo”.
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